Pubblico questo interessante articolo di Caterina Perniconi del Fatto, che ben spiega il livello di manipolazione che la Protezione Civile ha compiuto in Abruzzo, dopo il violento e luttuoso terremoto di un anno fa.
IL SET-ABRUZZO NARCOTIZZATO DAI BERTOLASO BOYS
Un film svela le regole della Protezione imposte per addolcire le notizie
“Va ora in onda, miracolo aquilano”. E’ una fiction nella fiction quella che apre il film di Alberto Puliafito, Comando e controllo. Due manichini ascoltano i proclami lanciati dai mass media sul più grande set televisivo italiano: L’Aquila. “Ci hanno raccontato una storia edulcorata – spiega il regista che ieri ha presentato il suo lavoro in anteprima a New York – siamo stati ingannati come delle bambole e anch’io all’inizio non riuscivo a capire la differenza tra le notizie e le leggende metropolitane”. Puliafito ha vissuto otto mesi a L’Aquila, prima in tenda e poi ospite di una famiglia che aveva costruito nel cortile delle casette di legno, a stretto contatto con la realtà raccontata. Quest’esperienza gli ha dato la possibilità di realizzare due documentari (il primo era Yes we camp), con un punto di vista lontano da quello “ufficiale” dei grandi mezzi di comunicazione, in primis la televisione. E allora Puliafito si è concentrato sulla “ricostruzione mediatica”, sullo stravolgimento del piano regolatore a uso e consumo della comunicazione e al controllo sottratto ai cittadini sul loro futuro.
Un disegno, secondo il regista, studiato a tavolino e rintracciabile nel “Metodo Augustus”, un manuale scritto da Elvezio Galanti, dirigente della Protezione civile, nel 1992, volto a dare indicazioni sui metodi di risoluzione delle emergenze. Per esempio che in casi come questo i cittadini dovrebbero essere tenuti più vicini e più partecipi possibile agli avvenimenti. Ma dal 1997 ad oggi, il volume è stato integrato con delle indicazioni sulla comunicazione. “La popolazione è comunque sempre coinvolta nelle situazioni di crisi – si legge nel manuale – sia emotivamente, sia fisicamente”. Secondo la Protezione civile “se la sua controparte istituzionale sarà sufficientemente autorevole e determinata, la maggior parte dei cittadini sarà disponibile ad abdicare alle proprie autonomie decisionali, a sottoporsi a privazioni e limitazioni, ad ‘ubbidire’ alle direttive impartite. Un chiaro piano di comunicazione […] permetterà una più agevole accettazione delle misure adottate. Non solo: qualora il precipitare degli eventi lo rendesse necessario, sarà più facile imporre una disciplina più ferrea e chiedere sacrifici più duri”. Un metodo militare, che molti degli sfollati aquilani raccontano nel film di aver subito. “Ci hanno ospedalizzati per un anno – spiegano i cittadini – avevamo anche troppo cibo e tutta l’assistenza possibile. Come stare in un ricovero. Una narcolessia sociale mentre ripensavano la nostra città”. Le immagini documentano come nelle tendopoli l’accesso sia impedito dalla polizia agli estranei che vogliano fare riunioni, volantinaggi, riprese.
“La realtà è un’altra cosa da quella che vedete in tv – racconta una cittadina intervistata – è l’opposto”. Infatti ciò che appare è una città risolta, ricostruita ex novo, come tante L’Aquila due, piccolo grande sogno di Silvio Berlusconi. “Il progetto delle new town – spiega uno degli esperti – è stato presentato il giovedì successivo al terremoto . É impossibile che lo abbiano studiato per L’Aquila in quella settimana, è evidente che stava già nel cassetto pronto per un’emergenza”. Che è stata gestita in procedura straordinaria, come il G8 e un’altra serie di grandi eventi, dai Mondiali di nuoto all’Expo 2015. In deroga a tutte le procedure di controllo. “Sovrano è colui che decreta lo stato di emergenza”, si legge alla fine del film. La frase è di Carl Schmitt, giurista nazista.