Raffaele Mastronardo ha intervistato per il Manifesto Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks e di una filosofia di giornalismo libertario che sarà molto utile praticare per preservare la democrazia nei paesi dove la libertà di espressione e quella di essere informati è più a rischio, come ad esempio l’Italia.
Non ha cellulare, cambia spesso numero di telefono fisso, usa almeno sei indirizzi email differenti e, quando non viaggia, divide il tempo tra la nativa Australia, il Kenya e l’Islanda. Solitamente difficile da rintracciare, Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, sito che permette a chiunque di pubblicare anonimamente documenti riservati, nell’ultimo mese è stato più imprendibile del solito: tra coloro che erano interessati a lui c’era infatti anche il Pentagono, che lo ritiene in possesso di informazioni molto delicate per la sicurezza nazionale. Le attenzioni del governo Usa risalgono alla fine di maggio dopo l’arresto da parte dell’esercito americano di Bradley Manning, soldato di stanza in Iraq accusato di essere una “talpa” del sito. Tra i materiali che il militare avrebbe “passato” all’organizzazione di Assange, un video, reso pubblico lo scorso aprile, che mostra un elicottero a stelle e strisce uccidere varie persone a Baghdad, in Iraq, tra cui due impiegati dell’agenzia Reuters. Nelle settimane di eclissi, inoltre, l’ex hacker australiano non ha certo rassicurato il Dipartimento di Stato: via email ha confermato di essere in possesso di un altro video, che documenta l’uccisione di oltre 100 civili (la maggior parte bambini) nel villaggio di Garani in Afganistan durante un attacco delle forze armate americane. Assange è riemerso in pubblico lunedì scorso in occasione di un convegno sulla censura organizzato a Bruxelles presso il Parlamento europeo dove il manifesto lo ha raggiunto per un’intervista. In questa chiacchierata si dice preoccupato per il soldato arrestato, conferma che la pubblicazione del nuovo video è imminente e ricorda ai giornalisti italiani preoccupati per la cosiddetta “legge bavaglio” che WikiLeaks è a loro disposizione.
Perché sei riapparso? Non hai paura?
Dopo avere analizzato la cosa ho capito che la situazione politica era tale che non sarebbe stato nell’interesse di nessuno interferire con la mia libertà di viaggiare.
Dunque la definizione di una “caccia all’uomo” del Pentagono nei tuoi confronti non è più appropriata?
Inizialmente, alcune dichiarazioni di rappresentanti del governo americano e dell’esercito andavano in questo senso. Ora la situazione si è chiarita e credo che da parte Usa ci sia la convinzione che ogni interferenza nei confronti della mia attività o di quella di WikiLeaks sarebbe vista negativamente dalla stampa internazionale e da altre istituzioni.
Questa situazione è nata dall’arresto di un soldato americano ritenuto responsabile di avervi “passato” materiali riservati. Voi però non avete mai confermato che si tratti di una vostra fonte.
Non raccogliamo informazioni sulle nostre fonti e se per caso ci imbattessimo in informazioni di questo tipo le distruggeremmo. Per questo non possiamo confermare. Comunque, visto che cerchiamo di supportare chi fornisce informazioni riservate, abbiamo assunto 3 avvocati americani per difendere il soldato.
Cosa sapete delle sue condizioni?
Molto poco e questo ci preoccupa. Il suo legale, che è stato scelto dall’esercito, non ha risposto alle nostre richieste di informazione. E’ molto inusuale, secondo quello che ci dicono esperti di diritto militare Usa, che un soldato sia in stato di arresto senza nessuna accusa formale per un periodo così lungo.
Un articolo della rivista online Salon cita un documento del controspionaggio Usa (ironicamente, rivelato proprio da WikiLeaks) in cui si afferma che per depotenziare il vostro servizio è necessario che le vostre fonti siano scoperte e esposte al pubblico. E’ quello che sta accadendo?
Bradley Manning è accusato di avere parlato delle sue attività di informatore a un giornalista americano ed ex hacker (Adrian Lamo, ndr) che non ha nessun legame con WikiLeaks. Al contrario, si tratta di un giornalista che ha consegnato Manning, un suo informatore, all’esercito.
Resta però il rischio che all’opinione pubblica arrivi un messaggio diverso e che questo possa scoraggiare nuovi informatori.
Il documento dell’esercito che citavi dice che il nostro “centro di gravità”, vale a dire la certezza da parte delle fonti che noi le proteggeremo, può essere distrutto da circostanze come quelle che si stanno verificando in questi giorni. Tuttavia, se uno si prende la briga di leggere i dettagli della vicenda, riconoscerà che non siamo venuti meno al nostro dovere e che le procedure di WikiLeaks sono efficaci. Manning ha solo commesso l’errore di parlare con qualcun altro. Bisogna ricordare alle fonti che non tutti i giornalisti seguono standard rigorosi.
Nei giorni scorsi avete confermato di essere in possesso di un video relativo al massacro di Garani, in Afganistan. Quando lo pubblicherete?
Ci stiamo lavorando: pubblicheremo il video e documenti associati ad esso presto.
Quanto “presto”? Più o meno di una settimana?
Dipende alle circostanze. Abbiamo poche risorse e molto lavoro da fare.
Pensate ad un’operazione simile a quella effettuata per il video che documenta l’uccisione di civili a Baghdad da parte di un elicottero Usa: una versione editata del materiale per aiutare la comprensione di chi lo guarda?
E’ un aspetto delicato. Il fatto che abbiamo editato il primo video è stato utilizzato da militari e politici per screditare il materiale rilasciato anche se il lavoro di montaggio è stato limitato e abbiamo comunque messo a disposizione il video integrale. Tuttavia, abbiamo notato che quando pubblichiamo materiale senza contesto l’impatto sull’opinione pubblica è scarso. Quindi, anche per il video afgano, stiamo lavorando ad un’operazione analoga.
WikiLeaks si rivolge a informatori in organizzazioni private e pubbliche di tutto il mondo. Secondo un recente articolo del New York Times, Obama è molto più duro di quanto non fosse Bush con le “talpe” nel governo.
Pare che sia così. Chiunque è al potere, di qualunque partito sia, si mescola con l’apparato burocratico, militare o dell’intelligence e questo è quello che accade negli Stati Uniti. Non dobbiamo dimenticare però che spetta all’opposizione limitare il potere del governo, e il partito repubblicano raramente agisce come un freno su questi argomenti.
Parlando di governi, hai seguito le polemiche sulle norme in materia di intercettazioni proposte dal governo Berlusconi?
Sì e no; ma da quello che posso vedere il percorso che sta intraprendendo l’Italia è deplorevole. Ai giornalisti italiani dico che WikiLeaks può essere un aiuto. Ai vostri legislatori ricordo che se vogliono che la gente obbedisca una legge devono votare norme ragionevoli, altrimenti genereranno solo risentimento nei confronti del diritto; e sono sicuro che questo è uno di quei casi.