Come si traduce esattamente whistleblower in italiano? Non si traduce, almeno per ora. Mancano i presupposti culturali e concettuali secondo Maria Cristina Torchia della redazione consulenza linguistica dell’Accademia della Crusca di Firenze. E i termini usati fino ad oggi, come gola profonda, talpa e delatore hanno un’accezione negativa. Ecco come ha descritto questo termine anglosassone in una nota pubblicata da Pagina99.
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Un dato di fatto: al momento non esiste in italiano un parola semanticamente equivalente a whistleblower con cui in inglese si indica “Una persona che, lavorando all’interno di un’organizzazione, di un’azienda pubblica o privata, si trova ad essere testimone di un comportamento irregolare, illecito, o comunque dannoso per la comunità e lo segnala all’interno dell’azienda stessa o alle autorità competenti o all’attenzione dei media, spesso andando incontro anche a ritorsioni e conseguenze negative“. Manca la parola italiana ma è, soprattutto, il concetto che non ha avuto nella cultura e quindi nella lingua italiana un riconoscimento stabile, non essendo stato, fino a oggi, oggetto di riflessione teorica o di dibattito pubblico.
Non sarà quindi un caso che dizionari e repertori italiani non riportino ancora né la parola inglese in veste di prestito integrale, né eventuali traducenti. Non è cosi, evidentemente, nella lingua, nella cultura e nella giurisdizione anglosassone, dove il termine whistleblower, attestato fin dal 1970 (Merriam Webster), rimanda immediatamente all’immagine del poliziotto o dell’arbitro che richiama l’attenzione su un comportamento scorretto/illegale “soffiando nel fischietto”.
Uno sguardo ad altre lingue a noi “vicine” rivela che in francese sembrano già diffusi lanceur d’alerte, denonciateure e informateur, in spagnolo alertador o denunciante, mentre in tedesco sembrerebbe più frequente il ricorso all’anglismo, pur essendo attestata la forma informant.
In questo quadro, le uniche fonti per sondare l’attuale distorsione del concetto e della sua designazione in ambito italiano sono quelle giornalistiche e, in particolare i testi pubblicati in rete (ad esempio nei blog). Negli archivi online di due dei maggiori quotidiani italiani il termine whistleblower non ha un numero altissimo di attestazioni (una decina sul Corriere della Sera, poco più di cinquanta su Repubblica). Da notare che i termini proposti sulle pagine dei giornali in alternativa al prestito inglese risultano inadeguati perché connotati negativamente: sia quelli come talpa, delatore, gola profonda, spifferatore, sia quelli apparentemente più neutri come informatore, denunciatore/denunciante, segnalatore/segnalante (quest’ultimo, insieme alla perifrasi dipendente pubblico che segnala illeciti è stato in qualche modo ufficializzato nell’art. 51 bis della Legge “anticorruzione” 190/2012).
Nessuno di questi termini è associabile in italiano a un comportamento virtuoso, manifestazione di impegno civile, e nessuno possiede tratti semantici che aiutino a identificare la figura designata nei suoi aspetti caratterizzanti. Esistono anche proposte come vedetta civica o sentinella civica, reperibili all’interno di progetti destinati alla prevenzione e al contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione. Come spesso succede, il bisogno di una parola nuova nasce da una necessità che, in un dato momento, emerge nel tessuto sociale e culturale di una comunità: monitorare questo doppio dinamismo, socio-culturale e linguistico, è di estremo interesse per tracciare i cambiamenti in atto tanto nella lingua quanto nella società, nel quadro di quella diversità culturale a cui abbiamo accennato fin dal principio.
Per una trattazione più ampia vi rimiamo alla sezione “Neologismi” del sito www.accademiadellacrusca.it, dove nelle prossime settimane sarà pubblicato un articolo più ampio.