Uccidere in nome di Dio togliendo la vita a chi fa della libertà di espressione la cifra della propria vita e della propria professione. È accaduto oggi a Parigi, con la tragedia che passerà alla storia come la “Strage di Charlie Hebdo“.
Alcuni uomini armati di kalashnikov hanno sterminato la redazione del giornale satirico francese già tante volte preso di mira per la pubblicazione di caricature del profeta Maometto. Nel 2011 la redazione del giornale fu addirittura distrutta da un incendio doloso.
Stéphane Charbonnier, uno dei giornalisti-disegnatori uccisi, aveva solo pochi giorni fa pubblicato una vignetta premonitrice (qui sopra) in cui scriveva “Ancora nessun attentato in Francia”, e il terrorista rispondeva “Non c’è fretta, abbiamo ancora tutto gennaio a disposizione”.
È tremenda questa notizia. Perché nasce da un squilibrio geopolitico internazionale fondato sullo sfruttamento dei popoli e delle loro risorse. Un’epoca fondata sull’azione suprema e omicida della Guerra e della reazione altrettanto micidiale di eserciti che si reggono sull’identificazione con Dio.
Bombardamenti indiscriminati e droni si contrappongono ai novecenteschi kalashnikov e viceversa. A perdere, come sempre accade, sono gli innocenti e la loro libertà, e la lezione di Parigi, che ancora una volta resterà inascoltata, è che terrore non batte terrore.