“Un’esplosione ha ucciso stanotte cinque persone a Coverciano. Il boato ha svegliato tutta la zona sud-est della città verso le due e trenta quando la torre dell’acqua tra via Moreni e via Mastri è stata distrutta da un ordigno al tritolo. I blocchi di cemento scagliati sui palazzi adiacenti hanno ucciso nel sonno un bambino di tre anni con la madre e il padre e due studenti fuori sede. Le indagini condotte dalla magistratura, coaudivata dall’ufficio politico della Questura di Firenze, sono immediatamente scattate e sono stati arrestati tre fascisti del Fronte della gioventù, l’organizzazione giovanile del Movimento sociale di Giorgio Almirante. Fondamentale è stato il rinvenimento dell’auto usata per l’azione, intestata alla madre di uno di essi e contenente due pistole, una tanica di benzina e altri due chili di esplosivo, oltre ad una miccia a lenta combustione”.
Uno scenario tragico, come quello che Firenze ha vissuto nel 1993 con la Strage di via dei Georgofili, e che per un caso della storia non si è compiuto. Il virgolettato che avete appena letto è infatti una ricostruzione di quanto sarebbe potuto accadere e non è accaduto grazie all’eroismo di Remo Pietroni, una guardia giurata di 23 anni che nella notte tra il 29 e 30 giugno del 1977, nel suo giro di controllo, scoprì tre fascisti pochi attimi prima che ponessero l’ordigno mortale sotto il serbatoio dell’acquedotto. Torre che ancora oggi svetta intatta a poche decine di metri dal Museo del calcio di Coverciano. I tre furono arrestati su ordine del sostituto procuratore Francesco Fleury con l’accusa di omicidio volontario aggravato, detenzione di armi ed esplosivo.
Quella notte dell’estate fiorentina è stata l’ultima vissuta da Remo Pietroni. Fu freddato mentre rincorreva i fascisti che, scoperti, scapparono per le strade del quartiere. La guardia riuscì a parlare via radio con la sede dell’Argo, storica società di vigilanza della città, dando così l’allarme. Due giorni dopo si tennero i funerali in santissima Annunziata, in una chiesa stracolma di persone alla presenza del sindaco Elio Gabbuggiani e del Gonfalone della Città. Un cuscino di rose bianche fu deposto sulla bara dal figlio di due anni Davide, accompagnato da Antonella, la madre, vedova appena ventenne di Remo. Al termine della cerimonia si formò un corteo spontaneo che percorse le strade del centro fino a Piazza Duomo. Oggi il suo corpo riposa nel cimitero di Sesto Fiorentino.
A Coverciano di questa morte si parlò poco o nulla. L’avvenimento fu subito rimosso quasi a voler evitare che il dibattito conseguente inquinasse l’immagine di quartiere “perbene” della città. Abbiamo rintracciato Laura, all’epoca adolescente, testimone diretta di quell’evento:
Di quella notte ricordo gli spari. La mia finestra dava su via Moreni. Erano anni in cui avevamo paura degli attentati e quegli spari ci fecero sobbalzare. Sirene e gran movimento finché il sonno non prese il sopravvento. Il giorno dopo sapemmo che era morta una guardia giurata e che forse c’entrava un ragazzo della parrocchia. Chiedere nessuno osava, raccontare non si raccontava. Finché un giorno alla messa, durante una preghiera dei fedeli, uno se ne saltò fuori con un ‘vorrei pregare per il capo scout Luca Poggiali, che adesso è in carcere…’. Avvertii il gelo, palpabile. Non ho mai capito se derivava da una sorta di rispetto per il mondo scout, anni luce lontano dalla lotta armata, o se invece era per allontanare ombre dalla parrocchia, fatto sta che io ho avvertito solo sussurri. Il nome di Luca Poggiali, se non in quella preghiera, non l’ho mai più sentito fare.
Le cronache dei giornali dell’epoca raccontano un pezzo della storia degli anni Settanta, anni in cui le stragi fasciste erano all’ordine del giorno, fulcro di quella strategia della tensione utile a rafforzare l’azione conservatrice e repressiva dello Stato nei confronti dei movimenti di sinistra, più o meno armati. Basti ricordare lo stillicidio di esplosioni di fine anni Sessanta per arrivare alle più note stragi di Piazza della Loggia, Piazza Fontana, Peteano, Stazione di Bologna, Treno Italicus o Rapido 904.
A 42 anni dagli eventi un gruppo di abitanti di Coverciano “appassionati alla storia del quartiere e rispettosi dei dettami Costituzionali”, ha scritto al Comune di Firenze per “ricordare il sacrificio di Pietroni, affinché possa essere a lui intitolata una parte della strada, uno slargo, un angolo del giardino lì vicino con la posa di una targa esplicativa dell’avvenimento”. La scelta tocca adesso alla Commissione toponomastica dell’amministrazione: l’auspicio è che in un momento storico come l’attuale, con le destre eversive sempre più forti e radicate in tutta Europa, con il razzismo strisciante che anche a Coverciano si vive, si possa cogliere l’opportunità di ricordare ai cittadini fiorentini come la democrazia sia sempre a rischio e vada salvaguardata, anche a costo della vita.