Uno dei quartieri più generosi di Firenze non sta in collina, non ha ville mozzafiato né attici vista cupolone, non è ricco di professionisti né di persone abbienti. Si trova invece nell’estrema periferia della città, tra il ponte all’Indiano e l’Autostrada, lungo la riva destra dell’Arno. Stiamo parlando delle Piagge, che devono il loro nome alla sabbia, alle spiagge e alle cave che per decenni hanno dato materiale per costruire a Firenze e nella Piana. Una volta riempite e bonificate, anche con rifiuti e con i pericolosi scarti dell’inceneritore di San Donnino, sono diventate ottimo terreno per speculazioni edilizie. A quel punto è bastato togliere la “S” ed ecco pronto un nuovo quartiere dove far abitare in case popolari di cartongesso oltre 6.000 persone, tutte provenienti dall’esodo forzato dal centro storico e dal sud Italia dell’ultimo ventennio del secolo scorso, a cui si sono aggiunti, via via nel tempo e in rifugi di fortuna, migranti in fuga da guerre, dittature e democrature in cerca di meglio nel Bel paese.
Generoso perché è il quartiere che per primo, sperimentando un innovativo progetto di finanza etica, ha reagito alla crisi economica e finanziaria che oggi colpisce tutto il mondo occidentale. Non perché chi lo abita sia dotato di preveggenza, ma semplicemente perché i morsi del liberismo qui hanno colpito prima e più che altrove, perché perdere o non trovare un posto di lavoro precario e sottopagato è la norma da sempre, perché l’incapacità della politica ad affrontare i problemi reali delle persone è connaturata alla storia delle Piagge e perché, infine, quando si è tagliati fuori da tutto e con l’acqua alla gola la reazione arriva.
Nel nostro caso è stata una rivolta, perché di questo si tratta, priva di violenza e vittimismo. Ma fondata sulla rinascita dei rapporti tra vicini di casa e cura degli affetti, solidarietà e condivisione, confronto e creatività. Ed è proprio alle Piagge che è nato uno dei più potenti prodotti di design finanziario degli ultimi anni, capace di contrapporsi alla finanza spazzatura, promossa da banche e assicurazioni e sostenuta dalla politica, ricca di scommesse sul futuro da far pagare alla collettività quando il gioco salta.
E’ qui, tra la via Pistoiese e la ferrovia, grazie ad una intuizione e ad una ferrea volontà della Comunità delle Piagge animata da Alessandro Santoro, che sono nati il Fondo etico e sociale” prima e Mag Firenze poi. Un progetto di microcredito di prossimità e una vera e propria finanziaria solidale che oggi, oltre ad offrire denaro a chi ne ha bisogno, vengono raccontati dai media e studiati nelle università.
L’idea di fondo è di garantire prestiti in denaro a chi è escluso dal sistema tradizionale del credito, le persone definite con un termine orrendo “non bancabili”, prive di garanzia, senza busta paga, senza immobili da mettere in pegno. Alle Piagge sono giovani, famiglie numerose, immigrati, uomini e donne (spesso sole) espulsi dal mondo del lavoro contrattualizzato o che mai ne hanno fatto parte. Sono poveri, semplicemente.
I poveri qui da noi non hanno diritti, sono preda dell’esclusione sociale. Nel 2018 l’Istat ha stimato oltre 1,8 milioni di famiglie in povertà assoluta (con un’incidenza pari al 7,0%), per un totale di 5 milioni di individui (incidenza pari all’8,4%). Nessun governo, al di là di proclami incredibili, ha per ora sconfitto questa sconcezza.
Alle Piagge capita che con mille euro, quando ci sono, ci si debba campare in 4 o 5 persone. Ma siamo in Italia, il paese dove si combattono i poveri e non la povertà, in cui non esiste il Reddito di base universale e incondizionato che permetta a tutti di vivere in condizioni dignitose e coprire i propri bisogni fondamentali (come mangiare, avere una casa, vestirsi e poter disporre di strumenti culturali minimi) e permettere così alle persone di essere libere di gestire la propria vita come vogliono.
Di più. Le politiche attuate fino ad oggi dai governi, con la spinta dello pseudo risanamento dei bilanci pubblici, sono incentrate sui tagli allo stato sociale e ai servizi alla persona, perché la finanziarizzazione dell’economia deve garantire risorse e coperture in primo luogo al sistema bancario e delle grandi imprese. A dare fiato a quegli stessi soggetti che non servono all’emancipazione dei poveri ma a perpetuare un sistema iniquo e lontano dai bisogni concreti delle persone, oggi anche della classe media. Ecco allora che nascono il “Fondo etico delle Piagge” e “Mag Firenze”, per costruire un sistema che ristabilisca la giustizia sociale ed economica con al centro la persona, in grado di incrementare la cultura della responsabilità e della partecipazione, che fonda la propria attività su percorsi creditizi condivisi e sostenibili.
I principi alla base di questa operazione sono estremamente semplici: “Dal denaro non si può fare altro denaro” e “Se hai, hai per dare”. Tradotto vuol dire che le persone sono più importanti del denaro e che quest’ultimo viene ritenuto un mero strumento. Significa che viene data priorità alle garanzie relazionali anziché a quelle patrimoniali e che i prestiti non sono gravati da nessun interesse, ovvero il capitale prestato non ha remunerazione. In soldoni si punta a ridistribuire il denaro piuttosto che al guadagno e lo si fa in maniera radicalmente alternativa, fuori da qualsiasi percorso bancario ordinario, magari figlio di un marketing “etico” furbo, rendendo trasparente e democratico il percorso dei soldi.
La rivoluzione alle Piagge e nell’arcipelago fiorentino della mutualità si fa così. Togliendo l’acqua in cui nuota il sistema bancario che in genere impiega il denaro raccolto in operazioni che mirano al profitto di pochi (i soci e i grandi investitori) e non al benessere dei più. Mettete “scandali bancari” in Google e ci capiremo meglio. Si stornano al microcredito quei risparmi destinati ai soliti noti in cambio di tassi irrisori. Solo per fare un esempio via da Unicredit, Mps, Banca Intesa San Paolo, Bnl, Barclays, Banco Fiorentino – BCC, Banca Etruria ma anche Poste Italiane… che appaiono nella lista annuale delle “banche armate” nell’ultima relazione governativa disponibile, quella del 2018.
“L’ennesima utopia, i soliti sognatori, il velleitarismo al potere, il sistema è questo e non si può fare niente…” Sono queste le accuse che in genere colpiscono Fabrizio, Chiara, Alessandro, Sergio, Valentina, Mariella, Ilaria, Francesco e tutto quella comunità di persone che da anni sta lavorando al progetto con passione, impegno e soprattutto senza alcun ritorno economico.
Vale la pena allora di affrontare il capitolo dei numeri che compongono il bilancio del sistema fiorentino di microcredito che fa capo a Mag Firenze (697.775 euro complessivamente raccolti ad oggi) e composto dal Fondo etico delle Piagge (168.500 euro), dal progetto Se.Me. di Settignano (43.375), dal progetto Il Raggio Quartiere3 (38.600), Micro Q1 (12.000), Micro Q5 (17.450), Micropoli nell’empolese (3.000) e Microcrediamoci a Livorno (15.400). Ad essi si aggiungono ben 1.013 singoli cittadini che impiegano i loro risparmi o parte di essi (c’è un tetto di 15.000 euro per i versamenti, scopri qui come aderire). I contratti di mutuo sottoscritti ammontano a 893.785 euro: 204 destinati all’inclusione sociale (401.685 euro) e 25 per l’avvio o lo sviluppo di microimprese (492.100, qui la progetti). A questo link sono invece elencati tutti i nodi della rete attivi sul territorio disponibili per informazioni, raccolta e prestiti.
Cosa vuol dire tutto questo? Che nei quartieri dove è attiva la prima finanziaria solidale toscana, nata dal basso e fuori dai circuiti bancari, decine e decine di persone in difficoltà hanno avuto una concreta possibilità di emanciparsi fuori dalle solite logiche assistenzialistiche, di affrontare le difficoltà della vita, di fuggire al ricatto dell’usura: Giuseppina, Franco, Florián, Marisa, Hassan, Giovanna, Dario, Olga e gli altri hanno potuto far fronte con dignità al loro destino, senza dover niente a nessuno salvo che restituire, nei tempi e nei modi a loro più utili, il denaro ricevuto. E tutti i prestiti tornano indietro, nessuno bara, perché hanno ben chiara la consapevolezza che la restituzione è fondamentale per sostenere altre persone escluse come loro. Sanno cosa vuol dire, ci sono passati. Per la Mag non ha senso parlare di insolvenza o di sofferenza dei prestiti. È un’esperienza rivoluzionaria proprio per questo, nel mettere al centro del processo finanziario la persona e non il denaro: finché c’è la relazione di fiducia con il socio finanziato (e la conoscenza delle sue difficoltà, più o meno durature) ogni ritardo nella restituzione non può mai costituire insolvenza. La fiducia che si instaura ha inoltre permesso all’assemblea della Mag, il luogo deputato a decidere i prestiti, di includere le persone che quei prestiti hanno chiesto, in modo tale da permettere loro di deliberare e assumere una responsabilità condivisa.
A volte basta poco per cadere in un vortice senza ritorno. Hai due bambini piccoli, ti si rompe lo scaldabagno e non hai i soldi per ripararlo; cambia il regolamento comunale e devi riconvertire la giostra che dava in premio i pesci rossi; vuoi far studiare tuo figlio ma i libri costano troppo per le tue tasche, e poi le bollette arretrate, il motorino che si rompe e non ce la fai a raggiungere a ore incredibili il luogo dove si tiene la lotteria quotidiana del caporalato, ma anche l’aspettativa di una figlia laureata o di un lavoro autonomo. È a tutto ciò che il microcredito cerca di dare una risposta, e viene definito di prossimità perché funziona meglio all’interno di una comunità, dove stare uniti serve ad affrontare meglio i problemi che da solo ti porterebbero alla depressione, alla dipendenza da alcol o da sostanze, alla resa incondizionata. Invece, con la dignità riconquistata puoi avere la libertà di scegliere e di decidere, di trasformarti cioè da soggetto passivo della tua storia a persona attiva, che partecipa e diventa propositiva, che costruisce futuro, che rende concreta l’utopia.
Un’utopia che ha compiuto 10 anni e che viene celebrata il 28 settembre nel quartiere fiorentino del Galluzzo con una giornata intitolata “Festa della Finanza critica – Insieme per un’economia di giustizia” con musica, cibo, riflessioni dedicate a quell’idea che tanta strada è riuscita a percorrere grazie alla volontà e all’impegno di persone molto poco sui social ma molto attente alle dinamiche sociali e alle pessime implicazioni che l’attuale sistema economico ha sui più fragili.
Quella del microcredito, della finanza etica, è una delle tante sperimentazioni che nascono in quei 150 metri quadrati del Centro sociale Il Pozzo delle Piagge, la sede della Comunità che ormai è attiva nel quartiere dal 1994. C’è la cooperativa di sole donne che ha messo su una bottega del commercio equo e solidale aperta tutti i giorni; c’è il lavoro quotidiano con i bambini e i ragazzi che la scuola fatica ad accompagnare e a far crescere; c’è la casa editrice indipendente che libro dopo libro ridefinisce un’identità fatta di storie che nessuno racconterebbe; c’è il mercato dell’usato, che una volta al mese consente di “fare affari” con quello che di troppo abbiamo in casa; ci sono la mensa popolare, lo sportello legale, il progetto di inserimento lavorativo e quello di riciclaggio; ci sono i percorsi di accoglienza, la scuola di alfabetizzazione per prendere la terza media e quella per stranieri, dove si impara l’italiano.
Tante cose da capire meglio e apprezzare nella loro semplicità, alla portata di tutti coloro che hanno voglia di mettersi in gioco. E affinché tutto ciò non resti un microcosmo isolato vi invitiamo a visitarlo, per poi farne parte, parlarne, farlo conoscere. Andate ed annusate che aria tira. Sarete i benvenuti.
Pubblicato il 25 settembre 2019 su La Città invisibile