Permale

Dal numero di giugno Fuori Binario dedicherà una pagina alle politiche securitarie che a Firenze, e non solo, colpiscono i poveri e non la povertà, gli oppositori politici e non chi ammaestra la narrazione dominante per conservare il Potere. Sarà curata dal professore di diritto Alessandro Simoni, presidente dell’associazione Periferie al centro che edita il giornale, e dall’avvocato Giacomo Pailli. Le politiche del “decoro”, qualsiasi cosa voglia dire, sono mutuate dal mito americano della “tolleranza zero”, nascono dalla rinuncia a governare la complessità tramite istituti come il welfare e la sicurezza sociale – fondati sull’espansione di diritti come la casa, il lavoro, la sanità e l’istruzione -, e privilegiano una “meritocrazia” basata sul denaro e l’appartenenza alle classi sociali benestanti.

Sono politiche cariche di stigma e pregiudizio verso chi è costretto ai margini; che instaurano la paura per il “diverso” e per chi non è “normale” nelle persone prive di strumenti interpretativi; che portano, senza resistenze, gli amministratori pubblici sempre più lontano dai princìpi della Costituzione. Per approfondire il tema suggeriamo di tornare indietro con la memoria partendo da due parole chiave che a Firenze hanno fatto storia: “lavavetri” e “fioriere”. Due termini su cui prima Graziano Cioni e poi Dario Nardella hanno costruito in parte la loro fortuna politica. Vi consigliamo anche la lettura di due testi importanti: “La buona educazione degli oppressi. Piccola storia del decoro” di Wolf Bukowski, e “Contro il decoro. L’uso politico della pubblica decenza” di Tamar Pitch.

Bukowski racconta come da anni sia in corso “Una guerra, combattuta tra le strade delle città, contro poveri, migranti, movimenti di protesta e marginalità sociali. Le sue armi sono decoro e sicurezza, categorie diventate centrali nella politica. Lo scopo è cancellare ogni riferimento di classe per delimitare un dentro e un fuori, in cui il conflitto non è tra sfruttati e sfruttatori ma tra noi e loro, gli esclusi, che nel neoliberismo competitivo da vittime diventano colpevoli: povero è chi non si è meritato la ricchezza. Il mendicante che chiede l’elemosina, il lavavetri ai semafori, il venditore ambulante, il rovistatore di cassonetti, sono dipinti come minacce al quieto vivere”.

Pitch definisce invece il decoro “come ciò che viene proposto e imposto a un ceto medio impoverito e impaurito e a tutti coloro i cui desideri e passioni non sono incanalabili verso il consumo di merci. Il decoro giustifica politiche nazionali e locali volte a tenere a bada i giovani, le donne, i migranti, e a indirizzare paure e scontento. Il decoro distingue tra perbene e permale”.

Conclude Bukowski “A essere perseguita non è la sicurezza sociale, di welfare e diritti, ma quella che dietro la retorica del decoro assicura solo la difesa del privilegio. Sotto la maschera del bello vi è la messa a reddito: garantire profitti e rendite tramite gentrificazione, turistificazione, cementificazione, foodificazione”. Vi ricorda una città in particolare?