Sono scesi dalle montagne del Carso a metà maggio. Bambini e bambine, donne, uomini, giovani e vecchi. La casa che hanno abbandonato è lontana oltre tremila chilometri, in quella Ramallah ostaggio come tutte le città palestinesi del governo di Netanyahu. Si sono fermati un giorno e una notte nella Piazza del Mondo, davanti alla stazione centrale di Trieste. Come sempre accade hanno trovato l’accoglienza dei volontari e delle volontarie di Linea d’Ombra, in grado di curare le ferite del corpo e anche, per un attimo, di lenire l’odio che in Europa colpisce qualsiasi straniero arrivi privo di carte di credito e senza l’obiettivo di visitare in tre giorni Roma-Firenze-Venezia.
Il capo famiglia palestinese ha ringraziato Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi per la loro azione in piazza, utile a curare e a tenere alta la sfida – e ad abbatterne la reputazione – nei confronti di quei governi che dei corpi dei migranti hanno fatto strame a puri fini elettorali. Ha lasciato loro due piccole bandiere palestinesi. Le stesse bandiere che Lorena e Gian Andrea sventolano il 2 giugno, Festa della Repubblica “fu democratica”, rivendicando giustizia per le migliaia di persone che arrivano in Italia scappando dai conflitti che Stati Uniti ed Europa impongono al Sud del mondo e presto, temiamo, anche ai popoli europei. Non sono soli, con loro davanti al Silos, indegno ma prezioso rifugio per chi arriva dalla Rotta Balcanica, ci sono centinaia di persone che chiedono un’accoglienza civile, come vorrebbe e promette quella stessa Costituzione su cui giurano le divise che oggi proteggono i cittadini perbene da questi facinorosi in sandali, pantaloni corti e bandiere della pace in mano.
A pochi metri c’è un enorme mercato abbandonato, ormai da oltre 20 anni, con acqua corrente, bagni, docce, stanze dove poter stare senza che i topi ti rosicchino la carne mentre dormi. Un luogo ideale per consentire a chi transita una notte a Trieste di riposare e programmare il viaggio verso la libertà, spesso nel Nord Europa, con un minimo di tranquillità, un pasto caldo, un letto asciutto.
Sono tanti gli attivisti e le attiviste a manifestare oggi. C’è chi cucina e offre cibo grazie ai “fornelli resistenti”, c’è chi insegna italiano a chi vuole impararlo, c’è chi supporta le operazioni di salvataggio in mare come quelli di Mediterranea, ci sono tante facce affrante dalla diaspora dei partiti della sinistra incapaci di rappresentare più nessuno. E poi ci sono gli studenti e le studentesse dell’Università di Trieste. Sono scesi anche loro dal Carso, dove sono accampati in Piazzale Europa (sic), sotto la sede di un Ateneo sordo sulla questione israeliana. Hanno scritto una lettera ai loro 400 docenti per chiedere che si impegnino per cessare le collaborazioni con le università israeliane finché continua il massacro dei e delle palestinesi. Solo due professori hanno trovato il tempo (il coraggio?) di rispondere.
In piazza a Trieste per la Festa della Repubblica la mobilitazione è intersezionale: diritti dei migranti, accoglienza, giustizia sociale, pace e un secco no alla guerra di Israele al popolo indifeso di Palestina. In uno striscione c’è scritto “Queers 4 Palestine”, in un altro “Fermiamo il massacro dei bambini” fino ad “Apriamo il mercato di via Gioia”. Ci sono persone della comunità italiana, slovena, palestinese. Parla Gian Andrea, tiene insieme le tante suggestioni presenti in piazza e parla apertamente delle responsabilità del capitalismo (il video del suo intervento è al termine dell’articolo, ndr). Una bambina che viene dal sud del Libano racconta qual è la tragedia delle vittime di questa assurdità. In arabo racconta dei morti, dei bombardamenti, della fame mentre l’attenzione di tutti si cristallizza per un attimo in un silenzio profondo che si contrappone al caos di una società in decomposizione: lo spritz è pronto, appena oltre il blindato della polizia.