Aprite il portafoglio e togliete metà del denaro che trovate, ridimensionate anche il vostro conto in banca, e immaginate che il vostro stipendio, se ancora avete un lavoro, sia ridotto di un terzo. Con quanto vi resta dovete pagare l’affitto o il mutuo, le bollette di acqua, luce, gas, telefono e se vi ammalate le visite, gli esami e i farmaci. Visto che continuerete a nutrirvi dovete anche acquistare il cibo necessario a prezzi che, come per tutto il resto, sono esattamente nella media dell’area Euro. Benvenuti in Grecia.
Questa devastante situazione economica ha due responsabili: i partiti di centrosinistra e centrodestra (tangentari, spreconi, figli del pensiero unico liberista) e la Troika formata da Commissione e Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale. I primi hanno rovinato per anni l’economia del Paese con una gestione all’italiana (sprechi, grandi opere, tangenti, evasione fiscale); i secondi, con l’obiettivo di rimettere in ordine i conti, hanno spremuto le risorse restanti con le famigerate politiche di austerità: tagli alla spesa pubblica, aumento delle tasse, crollo dei salari.
E’ questo il contesto in cui i greci sono andati a votare domenica scorsa. Ed è evidente che chi ha ragionato con la propria testa abbia evitato partiti compromessi come Nuova Democrazia o Pasok e anche le novità dell’ultim’ora come Fiume, molto morbido con l’austerity imposta dalla Germania ai partner europei. Rimanevano da scegliere quelle forze politiche da sempre in favore di una politica economica sovrana a vantaggio del popolo greco e non della finanza internazionale sponsorizzata da Berlino e Bruxelles.
Così si spiega la vittoria di Syriza, forza politica di sinistra che ha fatto della sovranità popolare un mantra e che allo stesso tempo non si ferma alle chiacchiere. Da anni il partito di Tsipras sostiene esperienze mutualistiche in tutto il Paese. Se ti ammali e non sei assicurato puoi curarti negli ambulatori della rete solidale che vanno avanti grazie a medici e infermieri volontari e con le donazioni di chi ha qualcosa da dare.
Il programma di Syriza punta all’equità sociale su molti temi, a partire dalla richiesta di un audit sul debito pubblico che permetta una riduzione dei capitoli che non portano vantaggi all’economia greca: paghereste voi la ristrutturazione, ad esempio, della casa del vostro vicino?
Non solo. Ecco altri sintetici stralci: far pagare tasse ad aliquote eque, e quindi alte, a chi percepisce redditi multimilionari, a partire dalle grandi imprese; introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie e una per i beni di lusso; proibire i derivati finanziari speculativi; abolire i privilegi fiscali della Chiesa. Non è un caso che Tsipras abbia scelto di giurare da Primo ministro per la prima volta nella storia solo con rito civile e non religioso.
Nel programma è previsto anche il taglio della spesa militare; un salario sociale minimo garantito; il riuso degli edifici pubblici a favore dei senza casa e per aprire mense pubbliche; una sanità pubblica per tutti (adesso in mano alle assicurazioni straniere); sgravi fiscali per i beni di prima necessità; riforma del lavoro che privilegi il tempo indeterminato e non la flessibilità e che rimetta al centro i contratti collettivi.
Non bisogna essere delle cime per comprendere quanto sia capzioso e ridicolo ogni eventuale paragone alla sedicente azione riformatrice voluta da Renzi con il sostegno dei vari Bersani, Orfini, Civati, Cuperlo, Verdini, Berlusconi, Alfano. Ed è anche per questo che Tsipras si è guardato bene dal concedere qualsiasi potenziale spazio di alleanza ai partiti della Grande alleanza pro austerità che ha affamato la Grecia e che sono così simili al Pd, Forza Italia, Nuovo Centro Destra.
L’alleanza tra Syriza (149 parlamentari) e il partito di destra Anel (13) è basata quindi sulla ricostruzione di una sovranità popolare in grado di fermare le politiche europee che hanno impoverito e massacrato le famiglie greche. Certo, la situazione può diventare problematica, se ad esempio Anel dovesse chiede una contropartita ad esempio sul contrasto all’immigrazione o sui diritti civili. Questo si vedrà.
La speranza è che dalla Grecia possano nascere e sperimentarsi forme nuove di governo del bene comune in grado di battere quel pensiero unico liberista che tanti danni ha fatto e sta facendo in tutto il mondo. Tsipras sembra avere la stoffa di chi non si vende per un piatto di lenticchie, al contrario di ciò che insegna la recente storia italiana. Ha una grande responsabilità e l’auspicio è che possa mantenere le sue promesse. Se fallirà potremo dire addio alla Grecia e si svuoterà, ancor di più, anche il nostro portafogli.
*pubblicato su La Città invisibile, rivista del laboratorio politico perUnaltracittà – Firenze